Lettere

Elizabeth Gaskell scrisse innumerevoli lettere, indirizzate ad amici, familiari, editori, personalità artistiche e letterarie della sua epoca. Qui potete leggerne alcuni brani, per la prima volta in traduzione italiana, che ci restituiscono il senso del vivere e dello scrivere nell'Inghilterra della metà dell'Ottocento. Le fonti da cui ho tradotto i brani delle lettere sono: J. A.V. Chapple e Arthur. Pollard (a cura di), The Letters of Mrs. Gaskell, Mandolin 1997 (1966) e J.A.V. Chapple e Alan Shelston (a cura di), Further Letters of Mrs. Gaskell, Manchester University Press 2003 (2000).



Sandlebridge, 12 maggio 1836

Mia carissima Lizzy, vorrei dipingerti la mia attuale situazione. Immaginami seduta in un salotto all'antica, con le porte e le finestre spalancate su un cortile baciato dal sole e pieno di fiori che riempiono l'aria della loro fragranza. Gli unici suoni sono il canto degli uccelli, il brusio degli insetti e il muggito degli armenti - e tutt'intorno i campi e i boschi sono così belli!

 

Lea Hurst, vicino Matlock, 27 ottobre 1854

Sono arrivata al punto in cui hanno litigato dopo la bugia, e lei sa che lui la ama, e lui tenta di non amarla. Finora Thornton va bene; temo di rovinarlo; e voglio mantenere il suo personaggio coerente, forte e tenero, ma pur sempre un padrone. Questo è il mio prossimo dubbio. Non so se aspettare e pensarci su mi darà qualche nuova idea su di lui.

 

[A Catherine Winkworth]

Vorrei poter fare a meno di trovare più simpatici gli uomini delle donne (sempre a eccezione dei presenti, mia cara!) e vorrei evitare che gli uomini mi prendessero in simpatia; ma credo esista un'attrazione reciproca originata da Satana.

 

[a William e Mary Howitt,] Manchester, maggio 1838

Sono cresciuta in provincia, e ora il mio destino è vivere ai margini di una grande città industriale, ma quando arrivano i primi giorni di primavera e le gemme e i dolci profumi della terra mi dicono che si avvicina l’estate, mi sento piena di energia e mi viene voglia di uscire, nelle profonde solitudini erbose della campagna, proprio come un uccello che al mutare della stagione si dirige verso terre ben note, ma fino a quel momento dimenticate.

 

[A William Fairbairn,] Plymouth Grove, estate 1855

Le vostre gentili critiche mi fanno piacere e mi fanno anche del bene; cioè, il vostro encomio mi fa piacere perché è così sincero e ragionato da assumere per me un grande valore; e il vostro sottolineare i difetti mi fa del bene, perché mi invita sempre a pensare, e spesso mi convince che io sono in errore. Non credo sarà richiesta una seconda edizione; ma se così fosse, state certo che sfrutterò i vostri suggerimenti con gioia e con attenzione. Mr. Hale non è uno "scettico"; ha dei dubbi, ed è teoricamente capace di sacrifici; ma nei dettagli della pratica è debole e vacillante. Conosco un personaggio proprio come lui, un ecclesiastico che ha lasciato la Chiesa per una questione di principio; ma la sua vita quotidiana è un costante e inespresso rimpianto per quella decisione, anche se la prenderebbe di nuovo, se fosse necessario.

 

[A Marianne Gaskell,] novembre 1859

Mia cara Cynthia, scrivici mia cara; vogliamo tanto sapere degli alti e bassi della tua vita. Noi stiamo uscendo proprio ora. Non facciamo altro che uscire - colazione alle nove e mezza, poi io e Julia andiamo all'ufficio postale, così riceviamo le nostre lettere due ore in anticipo rispetto alla consegna; quindi scrivi [sulla busta] Ufficio Postale - torniamo a casa sulle undici e mezza, Julia ha fame - pranziamo - poi usciamo per una lunga passeggiata, torniamo a casa per l'ora della posta - le quattro e mezza (così se non finiamo le lettere prima di uscire possiamo spedirle comunque in giornata), cena alle cinque - andiamo a dormire fino alle sette e mezza, poi prendiamo il tè. Julia va a letto alle otto. Io e Meta lavoriamo fino alle dieci; poi a letto.

 

Plymouth Grove, 8 febbraio 1857

Mia cara Mrs. Story, verremo davvero a Roma!!!!!! Partiamo venerdì prossimo, il 13, e staremo a Parigi il 15, 16 e 17, all'Hotel des Missions Estrangères in Rue de Bac, poi all'Hotel de L'Orient a Marsiglia, che speriamo di raggiungere il 18, per poi partire con la barca giovedì 19 per Civita Vecchia. Dovremmo arrivare là alle 7 di sabato mattina, in tempo per la diligenza delle 10 diretta a Roma. Davvero stiamo arrivando - davvero vedremo Roma? Non ci credo. E' un sogno! Non ci potrò mai credere, e dovrò continuare a darmi pizzicotti! 


[A Eliza Fox,] dicembre 1851

Mia carissima Tottie, è domenica, e ho il conforto di poter stare seduta a scriverti indossando un abito nuovo, con nastri azzurri tutti belli lindi e in ordine – tra l’altro un vero affare; “Elegante economia”, come “noi” diciamo a Cranford. Bene, penso che ormai crederai che io sia impazzita, ma non è così; ho scritto un paio di storie su Cranford per “Household Words”, perciò mi devi permettere di autocitarmi.

 

[A Charles Eliot Norton]

A casa! Plymouth Grove, Manchester, 3 luglio 1857

Mio caro Mr. Norton, solo tre righe per dirvi che siamo arrivate sane e salve a casa giovedì sera, e abbiamo trovato tutto in ordine. Ed ecco ad attenderci anche la vostra lettera di benvenuto, per la quale vi ringrazio tanto. Ho trovato al mio ritorno una serie di problemi, dovuti alla pubblicazione della mia Vita di C.B. e insorti in mia assenza. Beh! Non parliamone più. Vi ho scritto queste poche e frettolose righe, mio gentile amico, per dirvi che siamo di nuovo qui, al sicuro.

 

[A William e Mary Howitt,] 14 Dover Street, Manchester, maggio 1838

Come vorrei che il mio caro marito e io potessimo permetterci di vagabondare per la campagna quest’estate, il sole splende con così tanta vivacità! Ma non siamo ricchissimi (mio marito è un pastore unitariano) e oltretutto ho due figlie piccole su cui vegliare.

 

Tardo febbraio, 1865

Mio caro Mr. Ruskin, sono tanto contenta che “Cranford” vi piaccia. È l’unico dei miei libri che io riesca a rileggere; – ogni volta che sono malata o addolorata prendo “Cranford” e ci rido sopra di nuovo! Ho visto la mucca con il vestito di flanella grigia – e so che il gatto ha ingoiato il pizzo, che apparteneva alla signora che ha mandato a chiamare il dottore, che ha prescritto l’emetico, etc.!!! L’inizio di “Cranford” era un solo inserto di Household Words; e non immaginavo di scrivere di più, perciò ho fatto morire il Capitano Brown decisamente contro la mia volontà.

 

[A Emily Shaen,] Parigi, 120 Rue de Bac, 27 marzo

Dopo colazione mi metto a lavorare su “Wives and Daughters” e scrivo, se la conversazione di Mme Mohl me lo consente, fino alla “seconda colazione”, alle 11 circa. Carne fredda, pane, vino e acqua e qualche volta un’omelette – è quello che noi chiameremmo pranzo, in effetti, solo che arriva troppo presto dopo la colazione, e troppo tempo prima dell’orario di cena, secondo le mie abitudini inglesi. Dopo la colazione numero due tento di rimettermi a scrivere; molto spesso capitano dei visitatori; di mercoledì succede sempre, perché è il giorno in cui Mme Mohl riceve. Vado a fare una passeggiata sola soletta nel pomeriggio; e quando ceniamo a casa è alle sei in punto. Non c’è bisogno di cambiarsi. Zuppa, carne, un piatto di verdure e mele arrostite sono quanto mangiamo di solito.


[All’editore George Smith,] Plymouth Grove, 18 giugno 1855

Mio caro signore, ho ricevuto (del tutto inaspettatamente) da Mr. Brontë la lettera che allego; mi sono presa un po’ di tempo per considerare la richiesta che conteneva, ma ho acconsentito a scrivere, al meglio delle mie possibilità. Di certo è diventato un compito più serio di quello che, come sapete, mi ero proposta io, ovvero di dar voce ai miei ricordi personali senza l’intenzione di pubblicare immediatamente – o di pubblicare affatto. Ora dovrò omettere una buona parte di dettagli in riferimento alla sua casa e alle circostanze che devono aver contribuito in larga misura a formare il carattere di lei. Ma sono molto ansiosa di svolgere per bene e in pieno il grave compito che mi è stato affidato. Sicuramente questo rafforza la mia determinazione ad andare a Haworth, perché adesso DEVO vedere Mr. Brontë; e vi sarei molto obbligata se voleste confidarmi qualunque informazione su di lei in vostro possesso. Credete che voi o io potremmo arrischiarci a chiedere il dagherrotipo di Richmond ora? Il mio desiderio di averne una copia è sempre più forte. Ho tanta paura di dimenticare il suo viso.

 

[A John Forster,] domenica 23 aprile 1854

Mi sono chiesta se non fosse il caso di introdurre un altro personaggio in “Margaret” – Mrs. Thornton prende con sé, come umile compagna e giovane governante, la figlia orfana di un vecchio amico che conduce un’umile e ritirata esistenza in campagna, ai confini del Lancashire – e questa ragazza si innamora di Mr. Thornton in modo passionale, disperato – entrambe sono dunque gelose di Margaret, e furiose per il fatto che lei faccia soffrire Mr. Thornton – io conosco bene quel carattere selvaggio e indocile che cresce in luoghi solitari, e che mantiene una sorta di capacità “meridionale” di amare e di odiare. Lei non sarebbe, come si suol dire, istruita, ma dotata di uno spiccato buon senso.

 

[A Emelyn Story, ? 1860]

Con l’andare del tempo Roma si fa sempre più vivida nei miei ricordi. L’altra notte ho sognato una colazione, una colazione misteriosa che non è mai avvenuta, né, ahimè! avverrà mai – nella sala da pranzo di Via Sant’Isidoro, con la luce ambrata del sole che scendeva sui tetti romani grigio-dorati, i colli Sabini da una parte e il Vaticano dall’altra. A volte penso che preferirei non esserci mai stata, piuttosto che dover soffrire di una simile nostalgia.

 

[Ad Anne Burnett, Newcastle,] giovedì sera, giugno 1831

Non so dirvi, mia cara Anne, quanto sia stata felice stasera, nel ritornare a Bensham e trovare il vostro gentile biglietto e il libro che tanto desideravo vedere. Spero che non avrò mai bisogno di alcun oggetto che mi ricordi dei miei amici di Newcastle, o delle tante e bellissime ore trascorse qui, ma questo libro, come segno della vostra amicizia, potete star certa che lo terrò sempre in altissima considerazione. Come a voi, mi dispiace davvero che ci siamo viste così poco, ma quel poco ha lasciato in me un ricordo così piacevole che spero sinceramente, se tornassi a Newcastle, di avere maggiori occasioni di godere della vostra compagnia. Potete sempre contare sulla mia amicizia, di cuore, e suoi miei affettuosi auguri per il vostro bene e per la vostra felicità.

 

[A Louis Hachette,] Plymouth Grove, 21 gennaio 1856

Caro signore, ho ricevuto per posta una copia della traduzione [in francese] di “Cranford”, per la quale vi prego di accettare i miei più vivi ringraziamenti. Sono deliziata dalla grazia e dalla fluidità della traduzione, e per questo scriverò a Madame Belloc per esprimerle la mia gratitudine. Stavo per scrivervi anche prima, signore, per dirvi che leggendo “Ruth” con molta cura e attenzione, mi sono sentita estremamente gratificata nel trovare i miei significati espressi così bene in una lingua straniera; e vi prego di comunicare a Mme de Witt la mia consapevolezza delle difficoltà che deve aver affrontato. 

 

[A Dante Gabriel Rossetti,] Auchencairn, vicino Dumfries, venerdì 22 luglio 1859

Caro Mr. Rossetti, vi ringrazio molto per le bozze. Conosco un po’ la Vita Nuova – più che altro grazie alla traduzione del signor Norton (l’avete vista nell’Atlantic Magazine?); ma per un certo periodo ho avuto accesso anche all’originale. Le vostre traduzioni mi piacciono così tanto che desidero siano perfette – e penso valga la pena riconsiderare due o tre parole qui e là, che al mio orecchio fanno perdere ritmo al verso. Non ho visto le nuove poesie di Tennyson – ma oggi ho odorato – oh! un tale caprifoglio, e voi avete annusato solamente il Tamigi. 

 

[A Edward Hale,] Plymouth Grove, 14 dicembre 1860

Meta era stata invitata ad accompagnare Miss Darwin, sorella di Mr. Charles Darwin, (“L’origine delle specie”) in un tour del sud della Francia e del nord Italia. Era partita il 3 maggio, e due o tre giorni più tardi Marianne l’aveva seguita fino a Londra; e poiché Florence era in collegio, Julia a scuola, e Mr. Gaskell era molto occupato, in quelle lunghe giornate io ebbi un sacco di tempo a mia disposizione: e progredii splendidamente con la scrittura del mio libro.

 

[A John Forster,] Ambleside, 28 ottobre 1852

Lunedì abbiamo cenato con Mrs. Wordsworth. Ci ha raccontato i semplici, amorevoli dettagli dei primi tempi del suo matrimonio, di come Miss Wordsworth impastava il pane e preparava la cena. I tre facevano lunghissime passeggiate. Per ricevere notizie sulla rivoluzione francese camminavano per miglia fino a Raise, dove trovavano la posta, anche nelle tempestose sere d’inverno. Un giorno – vivevano a Grasmere (dove non c’era l’ufficio postale) – Wordsworth camminò fino ad Ambleside (più di quattro miglia) per spedire una poesia che doveva essere inclusa in un volume prossimo alla pubblicazione. Dopo cena, ripensandoci, gli venne in mente che c’era un verso che non lo soddisfaceva, e dichiarò di dover andare ad Ambleside a cambiarlo. E così partì con Miss Wordsworth dopo le nove, arrivò ad Ambleside, bussò alla porta dell’ufficio postale, chiese una candela, ripescò fuori la lettera dalla cassetta e sedette nel salottino, e insieme rifletterono e rifletterono finché il verso non fu sistemato; a quel punto infilarono di nuovo la busta nella cassetta, spensero la candela e uscirono in silenzio, per tornare a casa nella mezzanotte d’inverno. Mi ha incuriosita l’affettuosa reverenza che Mrs. Wordsworth ha dimostrato per Mr. Coleridge, a dispetto del fatto che lui fosse solito svegliare tutta la casa all’una del mattino per chiedere uova e pancetta!

 

[A Eliza Fox,] 10 luglio 1851

Mia carissima Tottie, è un loro cugino, che non vedono da anni perché ha viaggiato intorno al mondo, e che si è offerto di fare 15 miglia per incontrarmi e cenare dai Wedgwoods alle sei. Dunque io mi fermerò con loro e sarò da te subito dopo che Charles Darwin sarà andato via.

 

[A James Dixon,] Plymouth Grove, 14 novembre 1863

Vi ringrazio tanto per le vostre correzioni: torneranno davvero utili per la nuova edizione di Gli innamorati di Sylvia che sarà pubblicata molto presto. Avete assolutamente ragione nel supporre che Whitby fosse il luogo a cui pensavo scrivendo di Monkshaven; ma ci sono stata solo per una quindicina di giorni, quattro anni fa, e in un novembre così nuvoloso che molto probabilmente non avrei distinto i punti cardinali, se non avessi controllato sulla mappa.

 

[A Edward E. Hale,] Plymouth Grove, venerdì 14 dicembre 1860

Abbiamo molti amici laggiù; nei pomeriggi d’estate facevamo lunghe passeggiate nella splendida campagna che circonda la città, altrettanto splendida; bevevamo caffè in una di quelle primitive “gast-hausen” – e poi tornavamo a casa a piedi, oppure in barca a remi sul Neckar, nella luce morente della sera estiva.

 

[A William e Mary Howitt,] 14 Dover Street, Manchester, maggio 1838

Vicino alla linda cittadina dove sono cresciuta c’era un’antica dimora con un parco chiamata Old Tabley, considerata un esempio molto bello di stile elisabettiano. Ci andavamo spesso nelle mattine d’estate, ciascuno con i suoi libri preferiti, degli album da disegno e un paio di canestri pieni di cose da mangiare. Qui passeggiavamo, oziavamo e meditavamo; alcuni stesi sull’erba, altri intenti a leggere, e altri di noi cantavano. Se pioveva entravamo nel palazzo. Che strani suoni facevano le nostre voci in quella deserta dimora di pietra! L’ultima volta che ci andai fu durante un acquazzone, causato da una di quelle nuvole scure che aggiungono bellezza a un giorno d’estate, quando ogni goccia d’acqua è tinta di sole e scende allegra tra le foglie. Da una delle gallerie del palazzo sentimmo cantare delle ballate di Shakespeare.

 

Rhodes House, 16 maggio 1858

Cara Mrs. Curtis, scriverei personalmente al Professor Grimm, se sapessi scrivere in tedesco. In realtà, l’avrei fatto molto tempo fa, per ringraziarlo del ritratto che mi ha fatto avere tramite voi e per dirgli quanto ho trovato cortese che abbia pensato a me. Purtroppo non conosco il tedesco, così vi chiedo di porgli da parte mia il seguente quesito. Ci sono diversi luoghi in Inghilterra nel cui nome compare la sillaba Knut – Knutsford ne è un esempio. In ognuno di questi posti due o più fiumi scorrono insieme. La tradizione, però, associa il nome del luogo con quello del Re Knut – e la parola Knut compare nelle antiche edizioni delle opere di Chaucer come participio passato del verbo “knit” (“einigen”) [unire]. Dunque ci si potrebbe chiedere se il nome del Re Knut sia piuttosto un cognome, o un epiteto, suggerito dal fatto che egli “unì” il Regno. Mi piacerebbe davvero saperne di più, e giacché il Professor Grimm è la più alta autorità in materia, vi sarei davvero molto grata se voleste fargli questa domanda per me.

 

[A Marianne Gaskell,] domenica pomeriggio, inizi di maggio 1860

Mia carissima Polly, è dura scrivere un romanzo tutta la mattina, sarchiare il terreno per i narcisi tutto il pomeriggio e rimettersi a scrivere la sera. Non vedo nessuno, e vado avanti con il mio libro [“Gli innamorati di Sylvia”]; 117 pagine sono pronte, su 570 almeno; mi sono spezzata la schiena sui narcisi, e non ho una cuoca! Descrivimi sempre gli abiti che vedi, mi diverte e mi rilassa. Qualche pettegolezzo dal Darbyshire?

La tua sempre affezionatissima mammina.           

  

[A John Pierpont,] Dover Street, Chorlton-on-Medlock, 12 giugno 1841

Ci sentiamo come tutti gli inglesi devono in effetti sentirsi, ovvero sappiamo che questo è un momento di grave crisi, e che un duro scontro è in atto a proposito delle leggi sul grano. Forse sarà tutto deciso prima che voi riceviate questa mia; e se non sarà deciso pacificamente, lo sarà almeno con grande fermento e molte difficoltà – solo il pensiero è estremamente doloroso. Il ceto industriale che ci circonda vive una forte agitazione, e se fosse inverno la situazione sarebbe intollerabile per le classi più povere; finora il clima tiepido, precoce per la stagione, è stato una vera benedizione.

 

[Ad Anna Jameson,] Plymouth Grove, domenica sera, gennaio 1855

Ho intenzione di seguire il tuo piano e scappare dai recensori. Ora non dire che non è un tuo piano, perché a Mr. Gaskell ho detto che è così.

 

[All’editore George Smith,] Plymouth Grove, 16 gennaio 1865

Mio caro Mr. Smith, devo LIMITARMI a 16 numeri? Temo che la storia stia procedendo così lentamente che dovrò condensarla (rovinandola), o raccontare di più per ogni uscita. Ma tenterò di non farlo. Vorrei che fosse bell’e finita. Direi che voi pensate lo stesso di questa lettera, di conseguenza vi saluto molto cordialmente.

 

[All’editore George Smith,] Cowley House Oxford, 29 giugno 1860

Mio caro Mr. Smith, è colpa della mia stupidità, perciò mi scuso in anticipo per il danno che sto arrecando…. Ma dov’è il manoscritto?! Oh! Se è andato perso, mi dovrò impiccare! Pensavo che fosse stato spedito da Miss Shaen, dove domani incontrerò Marianne; ma questa mattina la posta è arrivata QUI; vi prego, ditemi, dove vi ho chiesto di mandare il manoscritto? Di certo la colpa è mia. Oh, povera me! Per favore, che fine ha fatto il mio manoscritto?

 

[Destinatario sconosciuto, inizi di febbraio 1827]

Quale conoscenza dell’italiano avete trovato necessaria? Avete potuto comunicare anche in francese? In particolare nella società romana, l’italiano era necessario? O le signore romane sanno generalmente parlare inglese o francese? Immagino che negli hotel si possa usare il francese…. Viviamo nella beata ignoranza, e vi saremmo riconoscenti per il minimo consiglio. La maggior parte dei nostri amici ci offre banalità poetiche sul sole e sulle rovine di Roma, invece di particolari utili come il prezzo dei pasti e la scelta degli alloggi. Suppongo che il costo del soggiorno e in effetti di ogni altra cosa sia di molto superiore durante la Settimana Santa.

 

[A Eliza Fox,] aprile 1850

Ho nostalgia per i vecchi tempi, quando ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non sembravano questioni così complicate. Voi a Londra avete grandi cose che vi aiutino a recuperare la calma – dipinti magnifici – e la musica sacra sembra proprio portar via dal cuore quel dolore inquieto…. Oggi come oggi la mia idea di paradiso è quella di un luogo dove nessuno di noi avrà una coscienza – l’inferno, viceversa.

 

[All’editore Edward Chapman,] 121, Upper Rumsford Street, Manchester, 21 marzo 1848

Caro signore, non posso evitare di pensare che il tenore della mia storia [“Mary Barton] sia tale da richiamare attenzione, in questo periodo di lotte da parte degli operai, che combattono per quelli che reputano essere i loro diritti; d’altra parte è molto probabile che la gente, oggigiorno, sia così assorbita dalle attività pubbliche da avere poco tempo e scarso interesse da dedicare alle opere di narrativa.

 

[A George Smith,] 23 agosto 1857

Oh! Non m’interessa ciò che la gente dice di me. Sono una persona decisamente migliore di quanto mi si creda.

 

[A Marianne Gaskell,] 106 Haupt Strasse, [Heidelberg] 19 ottobre 1858

Siamo entrate in una pasticceria, ho detto a Flossy di scegliere la sua torta, e per me ho ordinato del tè o del caffè; non era possibile avere nessuno dei due. Ho detto che avevo un “migraine affreuse” [un terribile mal di testa] e allora la ragazza si è illuminata, mi ha spiegato che aveva una cosa giusta contro l’emicrania, ha versato qualcosa in un bicchiere, me l’ha porto, io l’ho bevuto… ecco! Se non era rum puro, era rum e menta! Però è stato veramente magnifico per il mal di testa!

 

[A George Smith,] Manchester, 6 dicembre 1864

I tedeschi sono un popolo così sensibile da amare le mie parole, e sono pronti a leggere – e gli editori a pubblicare – traduzioni in tedesco di “Cousin Phillis” e “Wives and Daughters”. La nipote di Madame Mohl, che ha tradotto “Sylvia’s Lovers”, tradurrà “Wives and Daughers” dopo che Madame Mohl l’avrà letto. Desidero, ho desiderato, e desidererò fino a che non l’avrò, una boccata d’aria di Brighton.