Incipit

Mary Barton

«Vi sono alcuni campi, vicino a Manchester, ben noti agli abitanti con il nome di "Green Heys Fields", attraverso i quali passa un sentiero pubblico, diretto a un piccolo villaggio due miglia più in là. Benché questi campi siano piatti e spogli, e nonostante l'assenza di alberi (valida e usuale raccomandazione per le superfici di terreno pianeggianti), essi sono caratterizzati da un certo fascino, che colpisce anche colui che vive in montagna, il quale vede e percepisce gli effetti del contrasto di queste aree piuttosto comuni eppure intensamente campestri, con la città industriale, affaccendata e frettolosa, che ha lasciato solo mezz'ora prima.»

 

Cranford

«Innanzitutto, Cranford è proprietà delle Amazzoni; tutte le occupanti delle case oltre un certo canone di affitto sono donne. Se una coppia sposata viene a stabilirsi nel villaggio, in qualche modo il gentiluomo scompare; o perché spaventato a morte per il fatto di essere il solo uomo presente alle festicciole serali di Cranford, o perché si dice di lui che si trova presso il suo reggimento, o sulla sua nave, o impegnatissimo per tutta la settimana a gestire i suoi affari nella grande cittadina commerciale di Drumble, distante solo venti miglia di ferrovia. In breve, qualunque sia la sorte di questi gentiluomini, essi non si trovano a Cranford.»

 

Ruth

«In una delle contee orientali si trova una città, sede di corte d'assise, che era tenuta in gran conto dai sovrani Tudor, e, in conseguenza del loro favore e della loro protezione, si era guadagnata un grado di importanza che risulta sorprendente al viaggiatore di oggi. Un centinaio d'anni fa il suo aspetto era quello di una pittoresca maestosità. Le vecchie case, residenze temporanee delle famiglie della contea che si accontentavano delle piacevolezze di una città provinciale, affollavano le strade e conferivano loro il volto irregolare eppure nobile che si può ancora ammirare nelle città del Belgio.»

 

Nord e sud

«"Edith!" chiamò Margaret, gentilmente. "Edith!"

Ma, come Margaret sospettava, Edith si era addormentata. Giaceva rannicchiata sul divano nel salotto sul retro della casa in Harley Street, ed era deliziosa, vestita di mussola bianca e nastri blu. Se Titania avesse mai indossato mussola bianca e nastri blu, e si fosse addormentata sul divano di damasco cremisi in un salotto affacciato sul retro di una casa, Edith avrebbe potuto essere scambiata per lei. Margaret rimase di nuovo colpita dalla bellezza sorprendente di sua cugina.»

 

Gli innamorati di Sylvia

«Sulle coste nord-orientali dell'Inghilterra si trova una città che si chiama Monkshaven, in cui oggi vivono circa quindicimila abitanti. Tuttavia ne contava solo la metà alla fine del secolo scorso, ed è in quel periodo che avvennero i fatti narrati nelle prossime pagine. Il nome di Monkshaven era noto alla storia inglese: in città si narrava la leggenda che in passato vi fosse sbarcata una regina senza trono. A quel tempo, sulle alture che sovrastavano la città, si stagliava un castello fortificato, il cui posto era ora occupato da una dimora abbandonata; e in un'epoca ancora precedente all'arrivo della regina, l'epoca a cui risalivano i più antichi resti del castello, su quelle scogliere si ergeva un poderoso monastero, che dominava dall'alto il vasto oceano sfumato nel cielo lontano.»

 

Mia cugina Phillis

«È una gran cosa, per un ragazzo, andare a vivere da solo. Non penso di essere mai stato così soddisfatto e orgoglioso in tutta la mia vita come quando, a diciassette anni, mi sistemai in una stanzetta triangolare sopra una pasticceria nella città di Eltham. Mio padre se n'era andato quel pomeriggio, dopo aver espresso con forza qualche semplice precetto per guidarmi nel nuovo cammino di vita che stavo intraprendendo. Sarei stato l'impiegato di un ingegnere che era stato incaricato della costruzione del breve tratto ferroviario tra Eltham e Hornby.»

 

Mogli e figlie

«Cominciamo con un’antica cantilena d’infanzia. In un Paese c’era una contea, e in quella contea c’era una città, e in quella città c’era una casa, e in quella casa c’era una stanza, e in quella stanza c’era un letto, e in quel letto giaceva una ragazzina; completamente sveglia e desiderosa di alzarsi, ma che non osava farlo per paura del potere invisibile che si trovava nella stanza accanto; una certa Betty, i cui sonni non dovevano essere disturbati fino alle sei in punto, quando ella si svegliava “puntuale come un orologio” e da quel momento in poi lasciava ben poca tranquillità alla famiglia. Era una mattina di giugno, e sebbene fosse presto, la stanza era piena di calore, di sole e di luce.»

 

 

Le traduzioni sono di Mara Barbuni